Allenamento intervallato ad alta intensità: allenarsi con il corpo o con la mente?



L’allenamento intervallato ad alta intensità, HIIT, è diventato senza dubbio un caso di successo in tempi rapidi, nel 99% dei casi il marketing ha oscurato i veri contenuti scientifici ma, allo stesso tempo, i praticanti non ne hanno colto la differenza. Perché? Semplice, perché è motivante. Sì, negli anni 2000, abbiamo riscoperto quanto sia sempre fondamentale la locuzione latina di Decimo Giunio Giovenale: “Mens sana in corpore sano” di quasi 2000 anni fa. Sia nelle finalità romane, militari, che in quelle greche, agonistiche, il motto portava l’essenza della qualità della vita.

L’HIIT porta ad unire le due visioni riscoprendo il vantaggio dell’attività con l’energia della mente. Nell’evoluzione dei programmi di allenamento degli ultimi cento anni, grande attenzione si è data alle metodiche, con carichi, ripetizioni, serie, recuperi. Tabelle precise fin nell’ultimo dettaglio, sempre più accurate e con strumenti di valutazione sofisticati, ma dotati di una risposta ad ogni domanda.
Peccato che la domanda finale non ce la siamo mai fatta per davvero: perché lo facciamo? Sì, abbiamo lasciato la mente da una parte ed abbiamo usato il corpo come un robot staccato dal resto. Piccoli automi programmati a ripetere sequenze; se il risultato non  arrivava, si cambiava sequenza di programmazione e via di nuovo.

In questa visione dell’allenamento, ci si è persi negli anni dimenticando che la vera forza che ci spinge a “farlo” è “volerlo”, e le motivazioni sono difficili da trovare, soprattutto in un atleta impegnato due o tre volte al giorno in allenamenti intensi, guardando ad un traguardo lontano negli anni. Ma facile da perdere.

L’HIIT è aerobico o anaerobico?
Dipende. Proviamo a capirlo utilizzando due libri, molto diversi tra loro, che danno entrambi una risposta alla domanda: il dizionario di italiano ed un libro di fisiologia dell’esercizio.
Ora abbiamo due risposte, con una differenza non da poco:
• aerobico in lingua italiana: “si dice di esercizio ginnico, di intensità moderata e di lunga durata, che comporta un consumo di ossigeno da parte delle cellule, specialmente delle fibre muscolari: ginnastica aerobica” (3);
• aerobico in Fisiologia dell’esercizio: “che richiede adattamenti centrali e periferici atti al miglioramento dell’efficienza del metabolismo”.
Quindi, se andiamo al bar con gli amici diremo che l’HIIT non è aerobico, perché in italiano sarebbe errato, ma se parliamo da professionisti diremo il contrario. Esattamente il contrario. Pensiamoci un attimo: quali sono le modificazioni croniche che il nostro atleta dovrà avere dopo un allenamento che punta al miglioramento delle sue caratteristiche atletiche? Scriviamone alcune, tra le tante:
• riduzione dell’accumulo di lattato;
• incremento del consumo di ossigeno;
• incremento dell’attività della pompa sodio-potassio;
• incremento dell’attività dei trasportatori di membrana;
• incremento degli enzimi ossidativi e glicolitici;
• incremento delle catecolamine;
• efficace utilizzo di grassi e zucchero.

Ora analizziamo il tutto utilizzando entrambi i libri. Questi adattamenti cronici li creiamo con l’allenamento definito “aerobico”?
• sì, se ragioniamo con il dizionario di italiano;
• no, se utilizziamo il Libro di Fisiologia dell’esercizio.
Ovvero, gli adattamenti fisiologici riportati come esempio sono coerenti con il miglioramento del sistema aerobico, ma non possiamo dire in maniera netta ed univoca “quale allenamento” li ha causati. Il vero problema è che in italiano abbiamo voluto dare una doppia risposta: abbiamo unito una risposta fisiologica ad un “metodo di allenamento” rendendo indissolubile “l’intensità moderata e di lunga durata” agli effetti. Ma la fisiologia dell’esercizio non ha questa limitazione. Gli adattamenti sono quelli, ma possono essere causati da vari stimoli ripetuti nel tempo, con volumi ed intensità anche completamente diversi tra loro.

È una questione di energia?
Come descritto, i sistemi energetici sono sempre tutti attivi contemporaneamente, ma con differenti contribuzioni. Questa considerazione va fatta sia in funzione della gara che in funzione dell’allenamento alla gara, con un occhio alla fisiologia. Facciamo un esempio:
• in una gara dei 100 m in atletica avremo il 95% di ATP-PC, il 3% di glicolisi ed il 2% di sistema ossidativo;
• in una gara di 1500 m avremo il 20% di ATP-PC, il 55% di glicolisi ed il 25% di sistema ossidativo;
• in una maratona, invece, i rapporti saranno al 5% ATP-PC, al 5% la glicolisi ed al 90% il sistema ossidativo.
Da questi dati iniziamo il ragionamento. Il nostro atleta ha bisogno di allenarsi con HIIT? Quanto dura la sua prestazione? Quanto durano i suoi allenamenti? Dove ha le maggiori problematiche? Quali sono i suoi punti di maggiore debolezza?

È una questione di fatica?
Sì, e la fatica è il campanello d’allarme che il nostro organismo ci invia tramite il sistema nervoso centrale. È causata da innumerevoli fattori e gran parte di questi possono essere intercettati, previsti e prevenuti ed anche allenati con HIIT.

È una questione di enzimi?
Gli enzimi sono fondamentali in tutti i processi energetici visti finora. Allenamenti “aerobici” influenzano gli enzimi del ciclo di Krebs, ma non quelli della glicolisi. Sotto il 60/70% dell’intensità massimale, non ci sono adattamenti enzimatici per il meccanismo anaerobico, mentre oltre l’80% si iniziano ad avere adattamenti per il meccanismo anaerobico.

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